traduzione del post di Judy Singer “What is wrong with this Wikipedia definition of Neurodiversity?”
Da Wikipedia: Neurodiversità – il range delle differenze nel funzionamento cerebrale individuale e dei tratti comportamentali, considerato come parte della normale variabilità nella popolazione umana.
Quella di Wikipedia è una tipica definizione di Neurodiversità trovata a caso sul web. Ce ne sono innumerevoli, tutte riferite a variazioni di “normalità”.
Prima di tutto bisogna stare attenti alla “forma passiva” [1], con cui è costruita la definizione, che conferisce autorità rendendo poco chiaro chi è che parla. Se la parola “da” non appare nella frase, vale la pena chiedersi “da chi”. Quindi…
Consideriamo da chi? Da una moltitudine di redattori di Wiki che riformulano definizioni di precedenti redattori di Wiki. Secondo prassi virali, queste definizioni vengono poi adottate da da istituzioni e soggetti e replicate all’infinito.
Chi può biasimarli? Nessuno conosce davvero l’accezione del termine. Neanche io l’ho mai definito, pensando che il suo significato fosse evidente. Tuttavia fornirò il mio contributo in base all’illuminazione che ho avuto mentre scrivevo il lavoro che lo conteneva.
E per carità, NON andate su Wikipedia per avere la definizione di neurodiversità. La definizione viene quasi quotidianamente cambiata, da chi lo sa il cielo, ed è chiaro che la maggior parte di queste persone non “capisce”, semplicemente mescolano idee sbagliate alle precedenti.
La neurodiversità non è un giudizio. Non ha niente da dire sulla normalità o sulla moralità.
La neurodiversità definisce una realtà biologica, la variabilità neuro-cognitiva, virtualmente infinita, all’interno della popolazione umana. Indica il fatto che ogni essere umano ha un sistema nervoso unico con una combinazione unica di abilità e bisogni. Questo è tutto.
La normalità è un termine socialmente costruito originario del XIX secolo principalmente per l’uso di una scienza falsa, l’eugenetica (vedi la mia tesi per maggiori dettagli sulla costruzione della normalità).
Riconosco che le parole evolvono oltre le loro origini attraverso un processo dialettico. Ma per la cronaca, il mio intento era che il termine [neurodiversità] rappresentasse:
- uno strumento aggiuntivo alla cassetta degli attrezzi dell’analisi intersezionale
- il suggerire un nome per l’emergente movimento per i diritti civili delle NeuroMinorities degli anni ’90.
E non dovrebbe mai essere usato come sinonimo di Disabilità neurologica, perché ridurrebbe questo tentativo di esprimere rispetto verso la maestosa variabilità della Natura, e la sfida che questo rappresenta alla nostra etica e alle nostre pratiche, a diventare l’ennesimo termine stigmatizzato per “l’Altro”
[1] forma passiva: è la forma grammaticale che descrive un’azione subita dal soggetto. Esempio: Il figlio è pettinato dalla mamma.