A seguito di una mail ricevuta dalla Commissione Affari Sociali del Governo, dove veniva richiesto un nostro commento sintetico al DDL 3347, abbiamo raccolto una serie di riflessioni e considerazioni, sia nel contesto del Direttivo di Neuropeculiar che nel gruppo di lavoro con i volontari dell’associazione, non sono mancati i contributi di collaboratori esterni, come Nicola Bardasi, Antropologo.
Il seguente testo, inviato alla Commissione, è un sunto, tutt’altro che esaustivo (la richiesta è pervenuta in tempi strettissimi e il fatto di essere già oberati non ci ha consentito di dedicarci con la dovuta minuzia), dei vari contributi e sottolineiamo che abbiamo scelto di riportare nel testo anche alcune considerazioni espresse da Carlo Giacobini in un suo articolo in merito, in quanto le abbiamo trovate particolarmente puntuali (QUI l’articolo di Carlo Giacobini).
In generale ci ha lasciati perplessi la genericità di gran parte delle disposizioni del disegno di legge, lo stesso Bardasi commenta: se dovessi scegliere un titolo sarebbe “Brevi Cenni sull’Universo, un’occasione mancata?”. Noi speriamo di no, ci auguriamo che sia un tentativo di guardare in avanti, su un orizzonte di cambiamento ancora non chiarissimo, ma che può e deve essere chiarito.
Di seguito il testo inviato da Neuropeculiar APS:
All’attenzione della Segreteria della XII Commissione (Affari sociali)
Camera dei Deputati
Oggetto: Considerazioni in merito al DDL n.3347 del 02/11/2021
Il seguente sunto è il frutto delle riflessioni delle cariche del direttivo, degli associati e collaboratori esterni di Neuropeculiar APS.
In merito al DDL n.3347 la sensazione è che manchi una presa di posizione sufficientemente chiara sulla definizione di “disabilità”. Questo è un tema cardine in quanto chiarire come si intende la disabilità consente di interpretare compiutamente quelle che sono le disposizioni di legge.
Uno dei punti che ha lasciato molto perplessi è l’indicazione facoltativa a carico del Governo di ricorrere all’Osservatorio Disabilità, che ci aspettiamo debba essere resa obbligatoria.
Anche il riferimento generico, più volte reiterato al ICD, che non impegna all’adozione della sua versione più aggiornata lasciando discrezione d’uso delle precedenti versioni, e ICF. Si ritiene, inoltre, che negli operatori coinvolti per le valutazioni base e multidimensionali sia già consolidata la conoscenza di questi strumenti classificatori e descrittivi (ICF e ICD)?
È prevista l’abrogazione della definizione di handicap (104/1992) che sarà sostituita da quella di disabilità e sarà correlata ad “un processo valutativo complesso”, distinto tra “valutazione di base” e una “successiva e facoltativa valutazione multidimensionale”. Attualmente la condizione di handicap viene riconosciuta da una commissione piuttosto “corposa”, verrà mantenuta anche per la valutazione di base la stessa composizione? Il testo non ne fa cenno.
Vi è anche preoccupazione in che chiave verrà rivista la legge 104/1992, si teme che vi possa essere una revisione peggiorativa.
Notiamo inoltre che la legge delega si prodiga nella sostituzione della definizione vigente di handicap ma conferma le definizioni di invalidità civile che sono poco coerenti con la Convenzione ONU a cui fa riferimento in vari passaggi.
Nella legge delega non troviamo nessun riferimento alla revisione (in corso) dei criteri di individuazione degli alunni con disabilità (art. 1, comma 181, lett. c), n. 5, della legge 13 luglio 2015, n. 107) e alla revisione del sistema di valutazione della disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa ai sensi della legge n. 68/99 (art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 14 settembre 2015, n.151).
Non vengono indicati quali strumenti di ricorso e di riesame vengono garantiti al cittadino rispetto alla definizione del progetto di vita che ritenga improprio o inadeguato. La legge delega non esprime questa ipotesi, né prevede espressamente di disciplinarla nei decreti applicativi.
Nella delega richiesta per la “riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità” non vengono richiamati gli obblighi, gli standard e le sanzioni, oggi già esistenti, su molti degli aspetti relativi all’accessibilità dei prodotti, dei luoghi e dei servizi.
Il riferimento agli interventi sui contesti sociali che dovrebbero essere abitati e partecipati dalla persona con disabilità sono solo accennati, mentre in questo periodo storico ci aspettiamo che l’indicazione a intervenire sui contesti di vita, non solo in senso strutturale, ma anche culturale, sia ritenuta prioritaria tanto quanto intervenire sulle compromissioni funzionali della persona con disabilità. La sensazione è che non vi sia l’intenzione di investire in tal senso, ma crediamo che l’unica vera inclusione non possa prescindere da un cambio di sguardo della società tutta nei confronti della disabilità e un intervento educativo in tal senso deve essere condotto con adeguate risorse e strumenti, facendo riferimento alle scienze che studiano tali dinamiche, come le scienze sociali.
Un altro cambio di sguardo dovrebbe essere esplicitato e sostenuto, ma nel disegno di legge lo troviamo solo accennato, e riguarda il fatto che i processi indicati debbano essere più possibile partecipati e autodeterminati. A nostro avviso manca un’indicazione esplicita e una conseguente presa di posizione del Governo su cosa intende per “processi partecipati” e come intende garantire questo parametro. Ad oggi assistiamo a processi di partecipazione spesso fittizi, dove i diretti interessati e/o i loro familiari hanno la percezione illusoria di partecipare ai processi che li riguardano, ma di fatto non viene garantito loro di poter influire con le loro opinioni ed esigenze in modo effettivo. In questo modo gli interventi e le misure inclusive vengono calati dall’alto e sono afferenti alle esigenze dei servizi più che alle esigenze delle persone (sul tema si veda ad esempio “Partecipazione senza potere nei servizi di salute mentale” di Luca Negrogno, collaboratore dell’Istituzione Gian Franco Minguzzi https://bit.ly/30HZTCe).
In relazione al tema dell’autodeterminazione della persona con disabilità e di chi la rappresenta, notiamo che non è prevista la possibilità di scegliere quale ente coinvolgere o non coinvolgere da parte dell’interessato, oppure che possa indicare l’ente di sua fiducia o quello che ritiene maggiormente competente in relazione al Progetto di vita.
Siamo inoltre preoccupati per come il Disegno di Legge non specifichi la composizione di organi di grande rilievo, come il Garante e le varie Commissioni di valutazione. In particolare non si cita da nessuna parte la partecipazione di auto-rappresentanti e questo diventa particolarmente significativo nell’organo di Garanzia che dovrebbe tutelare il rispetto delle disposizioni di legge e più in generale il perseguimento della qualità di vita delle persone disabili, per il quale peraltro non viene specificato chi e secondo quali parametri procederà a “definire le competenze, i poteri, i requisiti e la struttura organizzativa del Garante, disciplinandone le procedure e attribuendo a esso le seguenti funzioni […]”
Sempre in relazione al Garante nazionale delle disabilità, non risulta chiaro quali relazioni avrà con l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il Ministero per le disabilità e con l’Osservatorio nazionale per la condizione delle persone con disabilità.
Notiamo che nel fare riferimento alle Commissioni Parlamentari competenti per materia non sia di fatto indicata la partecipazione dei rappresentanti di categoria, che riteniamo invece fondamentale, tenuto conto del fatto che molte delle competenze specifiche disponibili sono presenti e distribuite proprio grazie alle Associazioni di categoria, che sono spesso un punto di snodo e tramite fondamentale tra le famiglie/persone disabili e le istituzioni.
Ci sembra altresì che manchi un’indicazione esplicita di collaborazione tra dipartimenti ministeriali, a.e. il Ministero del Lavoro e dell’Istruzione, affinché si massimizzi l’analisi delle risorse per garantire l’efficacia degli interventi e dei progetti che interessano i vari contesti di vita della persona con disabilità e si lavori a una maggiore accessibilità degli stessi.
Per finire non vediamo alcuna indicazione sulle misure che il Governo intende intraprendere per garantire l’applicazione omogenea della legge delega sul territorio nazionale.
Riassumendo troviamo che la legge delega, oltre a non chiarire una direzione in tema di disabilità, si mantenga su gran parte dei punti abbastanza generica da non impegnare il Governo in modo esplicito e specifico, lasciando molta, troppa, discrezionalità sull’interpretazione e l’attuazione delle disposizioni.
Ci aspettiamo che la replica a questa osservazione sia di attendere i decreti attuativi, ma riteniamo che i parametri a cui i decreti attuativi devono attenersi dovrebbero essere definiti ed esplicitati in modo chiaro ed inequivocabile nella legge delega.