Articolo di Pompeo Matta
Da insegnante di sostegno non specializzato, autistico, educatore professionale, mi impegno a descrivere la visione che ora ho della scuola e della rete sociale.
Laureato in Scienze dell’Educazione, quindi con delle conoscenze filosofiche, pedagogiche, psicologiche, sociologiche e antropologiche generali e interessanti, ho imparato praticando, prima come educatore professionale, ora come insegnante, da autodidatta, insegno imparando, anche perché buona parte dei corsi proposti a* docenti, promuovono teorie trite e ritrite, spesso superate e offensive verso alcune minoranze, osservate con una lente medica, spesso abilista, quasi mai umanista.
Per seguire corsi davvero “d’ aggiornamento” bisogna impegnarsi a cercarli, spesso, fuori dall’ istituzione scolastica, stando attent* alle truffe.
L’insegnamento è un lavoro impegnativo, croccante, saporito e ci vuole molta consapevolezza e responsabilità. Ci vorrebbe anche un contesto sociale e politico coeso, sincronico e appassionato. Quasi mai lo è.
Alunn* con sostegno e non, dovrebbero convivere, esprimersi liberamente, sostenut* e incoraggiat* da* Docenti che creano un ambiente critico (nel senso filosofico del termine), di discussione, pedagogicamente attraente. Facile da teorizzare, da mettere in pratica è più impegnativo.
Spesso invece l’alunn* viene mortificat*, sovente si porta dietro un bagaglio di traumi, paure e bassa autostima. Spesso *docent* si sentono frustrat*e a loro volta sono a rischio di burn out.
La scuola essendo uno specchio della nostra società, ha perso gran parte della sua essenza, e non da oggi, * bambin* sono diventat* utenti, i genitori scelgono fra i vari pacchetti , quale per loro sia più conveniente, * insegnanti navigano nelle acque stagnanti e paludose della burocrazia, dei giudizi , dei voti, delle giornate a tema, unità didattiche, gite, trasformando le aule in laboratori sensoriali improvvisati, tra palloncini possibilmente blu, cartelloni inclusivi, mappe colorate e lavori a mano creati quasi interamente da* docent*, con contributi minimi da parte de* bambin* , che, ovviamente, devono rimanere compost* e concentrat*, nonostante tutte queste distrazioni sensoriali.
Le lezioni frontali spesso vengono demonizzate a favore di corsi senza zaino, montessoriani ecc., che si, sono validissimi, a patto che ci sia una formazione completa e continua, senza escludere del tutto quella frontale. La realtà resta sempre sconnessa dalla teoria anche in questo caso.
La scuola fa parte della rete sociale assieme alle famiglie, eventuali centri terapeutici, istituzioni, enti e associazioni del territorio che dovrebbero occuparsi di creare terreno fertile per la completa fioritura de* bambin*. Per * bambin* che usufruiscono della Legge 104 del 1992, questa rete sociale assomiglia di più ad una ragnatela, in certi punti inconsistente, in altri opprimente, a seconda dei casi ovviamente.
Spesso ne* bambin* viene osservato ogni suo piccolo gesto e\o tratto caratteriale in maniera minuziosa, ogni comportamento ritenuto dall’adulto, poco consono, viene etichettato come problema e non come espressione del suo essere bimb* , al contrario se ci si trova a lavorare in una classe effervescente, dinamica , ricca di peculiarità, allora * bambin* con il sostegno non viene vist* come una ricchezza in mezzo ad un tesoro luccicante di individualità differenti, ma * compagn* vengono vist* tutt* o per la quasi totalità come problematic*.
Spesso la didattica e l’intervento all’esterno si basa su punizioni – premi e\o produzioni – premi, l’alunn* diventa un* paziente da correggere e non più una persona libera di esprimere la propria essenza e le proprie potenzialità. Per rendere ancora più fallace la ragnatela sociale, dove alcune figure sono troppo presenti e spesso invasive, e altre totalmente assenti, la consapevolezza del proprio essere persona autistica, neurodivergente, BES, con disabilità ecc. non viene affrontata quasi mai, nei casi peggiori viene affrontata con termini e concetti fuorvianti e\o offensivi creando danni ulteriori.
Serve un linguaggio, un uso delle parole che cambi la realtà scolastica e sociale, se la politica e le istituzioni continuano ad elaborare una realtà distopica, le persone coinvolte direttamente nel percorso con *bambin* , al contrario, possono rispondere lavorando alla fioritura di una scuola che permette agli individui di esprimere le proprie potenzialità, in modo che la distopia figlia di una società omologatrice basata sulla produzione, possibilmente pagata poco o nulla, venga spazzata via da un’utopia per me ancora possibile, dove le parole contribuiscono a formare persone consapevoli, dove l’errore è la sorgente del miglioramento e della crescita personale, un cambio di paradigma che coinvolge insegnanti, terapeut*, formator*, genitori, personale ATA, dirigenti e contesto; in questo modo la ragnatela sociale si sgretola e lascia spazio ad una rete sociale luminosa, dove la didattica si alterna al dialogo critico, dove stimming, dondolii, ecolalie e qualsiasi altra espressione umana possano coabitare nei medesimi contesti.
Paragonando questa visione distopica alle capsule di Matrix (film cyberpunk di fantascienza uscito nelle sale nel 1999 per la regia dei fratelli Wachowsky) che contengono i nostri corpi addormentati creando una realtà condizionata, bisogna cercare in questi sogni indotti, i tafani ( quelli socratici ), in modo che il prurito possa svegliarci e, con le parole, modificare e ricreare la realtà, almeno quella attorno a noi.