Out is me, una recensione mancata

OUT IS ME: unanormalestoriatipica è un monologo teatrale che vede come interprete e coautore una persona autistica…
Questo è l’inizio di quella che vorrebbe essere una recensione ma che fatico a scrivere; anche se lo spettacolo mi è piaciuto, l’ho guardato pervaso da un senso di ansia fortissima. Stato che non è dipeso dal contenuto dello spettacolo o dal tema trattato, quanto da quello che è accaduto prima che iniziasse lo spettacolo.
Non avendo acquistato prima i biglietti e volendo avere il tempo di vedere la mostra fotografica di Riccardo Pravettoni, anche lui autistico, sono arrivato alla Fabbrica del Vapore in anticipo. Casualmente, nell’attesa, incrocio Yuri Tuci, coautore e attore della piece teatrale, che fuma un mezzo toscano (se non ho visto male). La persona che era con me, anche lei stava fumando, attacca bottone con Yuri. In mezzo alle chiacchiere riguardanti lo spettacolo e l’autismo, a Yuri parte un “malati di autismo”… devo ammettere che ho sentito i neuroni spegnersi, come un miliardo di “click” contemporanei, ho sentito il sangue desiderare fluire fuori dalle vene per gettarsi nel tombino li a fianco. Si è anche corretto prontamente al mio “malati?” (forse assomigliava più ad un “M A L A T I???”) ma ormai la “frittata era fatta” (questa è una metafora, lo specifico per i malati…).
Non mi piace avere preconcetti e quindi, dopo aver visto la mostra fotografica, mi sono accomodato (si fa per dire, le sedie non erano scomode, peggio) in attesa che lo spettacolo iniziasse. La mia ansia non era d’accordo con me, e ha pensato bene di regalarmi un po’ di rimuginio (se preferite un po’ di overthinking), allagando il cervello di troppi pensieri pieni di “malati di”. La battaglia non è stata semplice, ma stavo per avere la meglio quando dal palco mi arriva un “malato di Asperger”! Già “malato di” non lo sopporto, ma cazzo, pure “Asperger”! Eh no!
Ovviamente l’ansia ne ha, bastardamente, approfittato per contrattaccare e riuscendo a prevaricarmi… la sconfitta totale è arrivata in poco tempo.
Peccato, perché il monologo è ben costruito e porta in scena argomenti non semplici da maneggiare, quali la sessualità e l’utilizzo degli psicofarmaci. Rappresenta uno spaccato della vita di Yuri quindi assolutamente incontestabile. Lo spettacolo di per sé regge e anche bene. Quello che guasta, oltre ai “malati di” assolutamente fuori luogo (al termine dello spettacolo, durante i ringraziamenti, è scappato nuovamente ad uno dei coautori), è la parte iniziale dello spettacolo, nella quale Yuri intesse una descrizione su cosa sia l’autismo, usando metafore che non rendono l’idea di ciò che l’autismo è nella realtà delle persone autistiche ma soprattutto che paiono distanti dalla visione di quegli autistici impegnati in prima persona a creare una cultura dell’autismo.
Sono uscito più basito che soddisfatto; ho fatto fatica a riconoscermi in quel racconto, non perché non avessimo stralci di vissuto in comune, ma per il non riuscire a comprendere se lo spettacolo possa contribuire positivamente ad una cultura autistica e ad abbattere preconcetti e stigma.
Non è il primo spettacolo che parla di autismo che vedo, alcuni scritti da autistici, altri da allistici (con il contributo o il supporto di autistici), ma è l’unico che mi ha lasciato questa sensazione di incompiutezza.

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Neuropeculiar

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10 Comments

  • E questa è una recensione?
    L’autore parla più di se stesso che dello spettacolo.
    Se non si sanno fare recensioni, meglio lasciar perdere, invece di scrivere mezzi insulti.

    • Questa è una recensione mancata, come chiaramente scritto nel titolo. A leggere commenti come i tuoi, verrebbe da scrivere “se non si sanno fare commenti, meglio lasciar perdere, invece di scrivere mezzi insulti”

  • Mi dispiace ma non sono assolutamente d’accordo con la tua recensione.
    Se Yuri vive la sua vicenda come una malattia, ha tutto il diritto di farlo e di raccontarlo come crede.
    Inoltre, trovo che perdersi in elucubrazioni semantiche, invece di farsi travolgere dall’immenso atto di amore che Yuri fa in quello spettacolo, regalando se stesso con estrema generosità, sia stato un meraviglioso dono che ti sei perso per stare dietro alle etichette. Peccato per te.

      • Scusa peccato per me, che cosa? Io, a differenza tua, ho adorato lo spettacolo e me lo sono goduto dall’inizio alla fine e il suo valore artistico e umano è innegabile. È stato un vero dono, ha spostato qualcosa, e ha pure un valore educativo e informativo, che evidentemente non hai colto perché perso in elucubrazioni mentali. Inoltre, bisogna sempre avere rispetto a prescindere di chi ha il coraggio di mettersi in scena e in gioco, cosa che tu, con questa misera pseudo recensione, non hai avuto. Avresti fatto meglio a non scrivere nulla invece che un articolo personalistico che molto poco racconta del lavoro di Yuri e non gli rende giustizia

        • Lo ribadisco, peccato per te, hai perso l’occasione di non sembrare la solita persona neurotipica egoriferita e preoccupata che tutto rientri nei suoi canoni. Peccato perché non mostri empatia verso chi ha vissuto una situazione negativa e la tacci di “elucubrazione” solo perché non lo è stato per te.
          Io sono autistico, sto male a sentir considerare l’autismo una malattia. Troppe sono le volte che mi hanno fatto sentire sbagliato, da correggere, troppe le volte in cui mi sono dovuto adeguare , troppe le volte in cui sono stato escluso perché diverso. Ma a te cosa frega? Sarà mica più importante della tua opinione… solo elucubrazioni, sforzandomi avrei potuto essere normale, corretto?
          Mi si accusa di cosa? Di non aver fatto una recensione? Ero obbligato? Mi si accusa di aver scritto una riflessione su un momento di difficoltà che ho provato? Del mio star male per certe affermazioni? Qual è l’accusa? Oltre al fatto di non essere normale?
          Qui l’unica misera che vedo è la tua.

          • Veramente qui quello egoriferito sei solo e soltanto tu. Yuri vive la sua condizione come una malattia e in tal modo ne parla.
            Mi spiace la cosa ti abbia fatto star male, ma ripeto qui la cosa bella era la generosità del suo racconto e il valore artistico dello spettacolo che ti assicuro fa arrivare tutto il dolore di cui parli, e sta proprio qui il punto. Yuri parla di tutta la sua sofferenza dovuta all’autismo e alla difficoltà che ha avuto: se non è educativo e significativo questo, cosa lo è? Nessuno ti sta accusando di nulla ma se rileggi non hai praticamente detto nulla dello spettacolo, quindi potevi evitare di scriverci un pezzo sopra pieno di riflessioni fuori fuoco. E guarda, mi frega così poco dell’autismo che ho solo lavorato come una pazza per l’evento Out Is me insieme alla mia compagnia. Ti saluto.

        • Se lo rileggi, il post dice CHIARAMENTE che non riesco a parlare dello spettacolo, ma ovviamente per te la cosa importante è quella e si può passare sopra allo star male di una persona. Tu mi stai accusando, si, di essere misero, fossi in te rileggerei quello che hai scritto prima di ritrattare e girare la frittata.
          Lavorare per uno spettatolo non significa interessarsi all’autismo, significa lavorare ad uno spettacolo, di autismo continui ad averne una vaghissima e parzialissima idea, resti nella media dei neurotipici.
          Yuri parla della sua sofferenza, che rispetto, che lui ha avuto per l’autismo. Io la sofferenza l’ho perché l’autismo non viene rispettato e accettato, sono prospettive diverse, entrambe da rispettare anche se fa più pietas rispettare quella di Yuri. Per rispettare la mia, bisogna mettersi in dubbio, non basta né la commozione né la pietà. Quello che non va nell’autismo non è certo l’autismo ma è una società fatta di persone che non lo accettano, che lo vedono come una malattia, una minorazione.
          Ti interessa tanto l’autismo? Mettiti di fronte a queste cose e affrontale, altrimenti stai solo facendo della carità per sentirti più buona.

          • Purtroppo non ci sono le basi per un discorso costruttivo con te. Oltretutto ci siamo fermati a lungo dopo gli spettacoli e tutti eravamo aperti al dialogo e al confronto. Dove non c’è volontà di dialogo ma solo egoismo, livore, insulti da leoni da tastiera e mancato rispetto del lavoro altrui e delle persone, artisti e non, non può crescere niente di fertile. Buona vita.

          • Dimostri nuovamente di essere la solita persona piccola ed egoista. Non riesci a comprendere che non ero in grado di parlare con nessuno, stavo male, dimostri scarsa empatia e zero umanità. D’altronde la chiosa “buona vita” è diventata la firma delle persone ipocrite.

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